Il nucleo originario della Rocca di Gradara risale al XII secolo quando l’Italia era afflitta da continue guerre e invasioni di popolazioni provenienti non solo da terra, ma soprattutto da mare. Per queste ragioni la struttura militare venne costruita sulla sommità di un colle, in modo che i soldati potessero dominare con un sol sguardo l’intera costa compresa al confine tra Marche e Romagna.
La primitiva costruzione è riconoscibile nella possente Torre del Mastio, la quale ancor oggi svetta nella sua imponente grandezza. Questa è caratterizzata da una base costruita con materiali di reimpiego probabilmente provenienti da una vicina necropoli o da una pieve, di cui è chiaro esempio la pietra con l’iscrizione in lettere capitali «[L] (?) DEMETRI».
La torre era una struttura militare autosufficiente; infatti al suo interno è ancor oggi conservata una grande cisterna per l’approvvigionamento delle acque, la quale permetteva ai soldati di sopravvivere anche in periodo di lungo assedio. Al mastio si accedeva tramite scale in legno, che in caso di attacco nemico venivano agilmente rimosse per sbarrare la strada agli invasori.
Purtroppo è difficile definire con esattezza le diverse fasi costruttive del complesso architettonico perché nel corso dei secoli sono stati effettuati diversi interventi di restauro, il primo dei quali venne intrapreso dalla famiglia Malatesti, intorno al XIV secolo.
La Rocca in quel momento assume la conformazione tipica dell’architettura militare trecentesca, a cui solo in un secondo momento, vengono addossate le mura del borgo. In questo senso è doveroso aprire una parentesi terminologica in riferimento ai due nuclei costruttivi: infatti con il nome rocca s’identifica il nucleo più antico e più elevato (l’antica arx), mentre con il termine castello si intende l’intero borgo compreso all’interno dell’elevata cinta muraria.
Nel Quattrocento vengono modificate le torri che assumono una forma poligonale e aggiunte le scarpate, estremamente utili a scopo strutturale, dal momento che alleggeriscono la parte soprastante dell’edificio conferendogli maggior stabilità nel caso in cui la struttura venga attaccata con armi da fuoco.
La Rocca di Gradara, oltre a rispondere a esigenze difensive, inizia ad essere utilizzata come residenza privata dai Malatesti prima e dagli Sforza poi, i quali apportano notevoli modifiche architettoniche sia all’interno che all’esterno dell’edificio.
Dopo un breve periodo in cui la Rocca passa sotto i possedimenti dei Della Rovere, il complesso architettonico alterna momenti di rinnovamento, con piccoli interventi di restauro, a momenti di decadenza e abbandono, che segnano il suo destino fino alla fine dell’Ottocento quando vengono intrapresi consistenti restauri ad opera dei nuovi proprietari.
In un primo momento il conte Alessandro Morandi Bonacossi interviene sulla muratura: apre nuove finestre nei muri perimetrali, elimina il ponte levatoio e modifica la copertura della torre del mastio, sostituendola con una merlatura ghibellina. Il secondo restauro è intrapreso nel 1921 dall’ingegnere Umberto Zanvettori, raffinato collezionista e amante di arte e storia, che effettua nuovi interventi, più interpretativi che filologici. Oltre a ricostruire l’esterno – gravemente danneggiato dal terremoto del 1916 – opera un importante restauro anche delle sale interne, conferendo loro l’aspetto attuale, che è frutto di una commistione di stili ed elementi eterogenei ripresi sia dal periodo medioevale sia da quello rinascimentale con delle incursioni decorative di stile liberty.
Il nucleo originario della Rocca di Gradara risale al XII secolo quando l’Italia era afflitta da continue guerre e invasioni di popolazioni provenienti non solo da terra, ma soprattutto da mare. Per queste ragioni la struttura militare venne costruita sulla sommità di un colle, in modo che i soldati potessero dominare con un sol sguardo l’intera costa compresa al confine tra Marche e Romagna.
La primitiva costruzione è riconoscibile nella possente Torre del Mastio, la quale ancor oggi svetta nella sua imponente grandezza. Questa è caratterizzata da una base costruita con materiali di reimpiego probabilmente provenienti da una vicina necropoli o da una pieve, di cui è chiaro esempio la pietra con l’iscrizione in lettere capitali «[L] (?) DEMETRI».
La torre era una struttura militare autosufficiente; infatti al suo interno è ancor oggi conservata una grande cisterna per l’approvvigionamento delle acque, la quale permetteva ai soldati di sopravvivere anche in periodo di lungo assedio. Al mastio si accedeva tramite scale in legno, che in caso di attacco nemico venivano agilmente rimosse per sbarrare la strada agli invasori.
Purtroppo è difficile definire con esattezza le diverse fasi costruttive del complesso architettonico perché nel corso dei secoli sono stati effettuati diversi interventi di restauro, il primo dei quali venne intrapreso dalla famiglia Malatesti, intorno al XIV secolo.
La Rocca in quel momento assume la conformazione tipica dell’architettura militare trecentesca, a cui solo in un secondo momento, vengono addossate le mura del borgo. In questo senso è doveroso aprire una parentesi terminologica in riferimento ai due nuclei costruttivi: infatti con il nome rocca s’identifica il nucleo più antico e più elevato (l’antica arx), mentre con il termine castello si intende l’intero borgo compreso all’interno dell’elevata cinta muraria.
Nel Quattrocento vengono modificate le torri che assumono una forma poligonale e aggiunte le scarpate, estremamente utili a scopo strutturale, dal momento che alleggeriscono la parte soprastante dell’edificio conferendogli maggior stabilità nel caso in cui la struttura venga attaccata con armi da fuoco.
La Rocca di Gradara, oltre a rispondere a esigenze difensive, inizia ad essere utilizzata come residenza privata dai Malatesti prima e dagli Sforza poi, i quali apportano notevoli modifiche architettoniche sia all’interno che all’esterno dell’edificio.
Dopo un breve periodo in cui la Rocca passa sotto i possedimenti dei Della Rovere, il complesso architettonico alterna momenti di rinnovamento, con piccoli interventi di restauro, a momenti di decadenza e abbandono, che segnano il suo destino fino alla fine dell’Ottocento quando vengono intrapresi consistenti restauri ad opera dei nuovi proprietari.
In un primo momento il conte Alessandro Morandi Bonacossi interviene sulla muratura: apre nuove finestre nei muri perimetrali, elimina il ponte levatoio e modifica la copertura della torre del mastio, sostituendola con una merlatura ghibellina. Il secondo restauro è intrapreso nel 1921 dall’ingegnere Umberto Zanvettori, raffinato collezionista e amante di arte e storia, che effettua nuovi interventi, più interpretativi che filologici. Oltre a ricostruire l’esterno – gravemente danneggiato dal terremoto del 1916 – opera un importante restauro anche delle sale interne, conferendo loro l’aspetto attuale, che è frutto di una commistione di stili ed elementi eterogenei ripresi sia dal periodo medioevale sia da quello rinascimentale con delle incursioni decorative di stile liberty.
ORARIO DI APERTURA
Da lunedì a venerdì dalle 8:30 alle 19:15, sabato e domenica CHIUSO
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61012 Gradara (PU)
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