La famiglia Malatesti
A cavallo tra il 1200 e il 1300 la storia della Rocca si lega indissolubilmente alla potente famiglia dei Malatesti, signori di Verucchio, quando una bolla papale, emanata da Bonifacio VIII, sanciva l’appartenenza di Gradara ai possedimenti della famiglia, che così espandeva il suo potere da Rimini verso l’ambito territorio della Marca.
Malatesta II da Verucchio (morto nel 1312), podestà di Rimini, fu un valoroso condottiero guelfo che riuscì ad allontanare dalla città le famiglie ghibelline, conquistando numerosi possedimenti. Il figlio primogenito, Malatestino, prese il posto del padre alla sua morte diventando signore di Rimini, mentre suo fratello Giovanni, detto Gianciotto (“lo sciancato”), divenne famoso per essere l’uccisore, nonché marito tradito di Francesca da Polenta, amata dal fratello Paolo Malatesti.
Se nella famiglia numerosi furono i capitani d’arme riconosciuti come valorosi condottieri, alla fama di colti signori segue anche una nomea oscura e sanguinaria; infatti la Rocca non fu solo il luogo dove venivano celebrate le arti ma anche un luogo in cui avvenivano nefasti intrighi come l’uccisione da parte di Malatesta, detto “il Guastafamiglia”, del cugino Malatestino con il figlio Guido e il padre Ferrantino.
Sigismondo Pandolfo Malatesti (Brescia, 19 giugno 1417 – Rimini, 9 ottobre 1468).
Sigismondo Pandolfo Malatesti è sicuramente la personalità più in vista della famiglia per la sua forte ed eclettica personalità, che seppe accrescere i possedimenti, il potere e la fama della stessa. Figlio di Pandolfo III e di Antonia di Giacomino dei Barignano, Sigismondo rimase orfano del padre molto presto, all’età di dieci anni; così il potere passò nelle mani dello zio Carlo che riuscì ad ottenere la legittimazione dei tre figli di Pandolfo, governando a loro nome.
Sigismondo Pandolfo Malatesti crebbe nella raffinata corte dello zio e in particolare della sua consorte Elisabetta Gonzaga, donna di estrema cultura ed eleganza, dalla quale apprese l’amore per le arti e per il mondo eletto delle corti.
Divenne signore di Rimini nel 1432, ma durante il suo governo dovette osteggiare numerose rappresaglie dal signore di Pesaro, suo fratello Galeazzo Malatesti, e da parte di Guidantonio di Montefeltro, duca di Urbino; ma fu soprattutto il successore di quest’ultimo, Federico di Montefeltro a rivelarsi il nemico per eccellenza, perché entrambi uomini di cultura, raffinati mecenati e valorosi condottieri.
Sigismondo era un uomo di grande fascino ed estremamente colto, che nella sua vita amò circondarsi di artisti e letterati, i quali lo celebrarono ed esaltarono in tutta la sua grandezza. Sposò prima Ginevra D’Este, poi Polissena Sforza e infine Isotta degli Atti, donna oltremodo amata, alla quale dedicò le opere d’arte più famose del Tempio Malatestiano di Rimini.
La Rocca di Gradara durante il periodo dei Malatesti fu anche il palcoscenico su cui si svolsero aspre battaglie: nel 1446 Francesco Sforza assediò il castello per quaranta giorni, ma non riuscendo ad accedervi si ritirò, a differenza di quanto accadde nel 1463, quando Federico di Montefeltro riuscì a penetrarvi con le sue truppe e la Rocca fu ceduta alla famiglia Sforza.
Dopo aver partecipato alla battaglia contro i Turchi, durante la quale Sigismondo Pandolfo Malastesti si ammalò, l’isolamento e il declino della famiglia erano ormai pressoché totali e, con l’inaridirsi del prestigio personale, Sigismondo morì nel 1468 a Rimini.
La famiglia Sforza
Pesaro fu governata dalla famiglia Sforza dal 1445 al 1512 con Alessandro, il figlio Costanzo e il nipote Giovanni, quest’ultimo figura chiave per Gradara in quanto visse nella Rocca per molti anni e apportò notevoli interventi architettonici.
Nel 1463 la Rocca venne espugnata da Federico di Montefeltro, il quale immediatamente affidò il territorio ad Alessandro Sforza, signore di Pesaro dal 1445, che in questo modo consolidava il dominio della famiglia sull’intera zona dell’Italia centrale, al confine tra le Marche e l’Emilia Romagna.
L’Italia centrale era pressoché interamente dominata dalla famiglia. Alessandro poteva contare sull’appoggio di suo fratello Francesco Sforza, signore di Milano, e su Urbino; alleanze rafforzatesi in seguito al matrimonio tra la colta e bella figlia Battista Sforza e il duca Federico di Montefeltro. Il sodalizio tra le corti di Milano, Urbino e Pesaro non fu un’unione solo politica ma anche intellettuale e culturale, che portò alla circolazione di opere d’arte di inestimabile valore e di artisti di assoluto rilievo sulla scena culturale dell’epoca.
Giovanni Sforza, conte di Cotignola
Giovanni Sforza, figlio di Costanzo I e nipote di Alessandro Sforza fu signore di Pesaro dal 1483 al 1512.
Una storia sfortunata la sua perché per governare si legò alla famiglia dei Borgia, sposando a Roma, con una celebrazione sfarzosa tenutasi il 12 giugno 1493, Lucrezia, figlia di papa Alessandro VI e sorella di Cesare Borgia.
Il matrimonio tra i due fu di breve durata; infatti venne annullato dopo soli quattro anni, nel 1497 a causa del mutamento della politica papale di Alessandro VI, il quale mirava ad un matrimonio più vantaggioso politicamente e ad un genero più valoroso.
Giovanni, caduto vittima di giochi di potere papali, venne allontanato dalla città di Pesaro per mano di Cesare Borgia, duca di Valentinois, potendo rientrarvi solo una volta morto il papa. Giovanni si risposò nel 1503 con Ginevra Tiepolo, dalla quale ebbe un figlio, Costanzo, che però morì in tenera età nel 1512, anno in cui la signoria pesarese passò ai Della Rovere.
Giovanni a Gradara diede un forte impulso d’innovazione artistica e soprattutto architettonica come attesta un’iscrizione sul ponte levatoio della Rocca in cui, oltre al committente, è citata la data di svolgimento dei lavori del 1494, interventi probabilmente realizzati per accogliere la novella sposa Lucrezia nella dimora immersa nel verde dei colli marchigiani.
Lucrezia Borgia (Subiaco, 18 aprile 1480 – Ferrara, 24 giugno 1519).
Lucrezia Borgia, una delle donne più controverse e famose della storia, è strettamente legata alla Rocca di Gradara grazie al matrimonio contratto con Giovanni Sforza, signore di Pesaro.
Lucrezia è la terzogenita del cardinale Rodrigo Borgia e di Vannozza Cattanei, una donna di estrema bellezza.
Rodrigo Borgia, nominato papa con il nome di Alessandro VI, durante il suo pontificato utilizzò i suoi figli come pedine di una strategia politica per ottenere il prestigio assoluto della famiglia, e in questi piani politici risultarono essere particolarmente preziosi Lucrezia e il fratello Cesare Borgia, duca di Valentinois.
Lucrezia viene descritta come una donna bellissima, dai lunghi capelli biondi, leggiadra nella danza, esperta di musica, dotata nel bel canto e abile nel ricamo. Era amante dei bei vestiti e dei gioielli preziosi, colta lettrice di classici e di letteratura, a sua volta celebrata nelle opere di importantissimi artisti dell’epoca come Pietro Bembo e Ludovico Ariosto.
A undici anni il padre stipulò per Lucrezia il suo primo contratto di nozze con il valenzano Cherubino Juan de Centelles, signore di Val d’Ayora ma il matrimonio venne subito annullato in favore del fidanzamento con il conte di Procida nel Regno di Napoli, Gaspare d’Aversa.
Una volta assunta la carica di papa, nel 1492, per ricambiare il cardinale Ascanio Sforza, che aveva contribuito in modo importante alla sua elezione, decise di far sposare Lucrezia con Giovanni Sforza, signore di Pesaro e conte di Cotignola. Già nel 1494 le mutate condizioni politiche dell’Italia spinsero il papa a modificare le alleanze e il matrimonio venne annullato.
Lucrezia morì a Ferrara nel 1519, non prima di aver contratto una nuova unione con Alfonso d’Este, inizialmente dubbioso sulle nozze a causa dei numerosi pettegolezzi sull’integrità morale della donna. Dopo tre gravidanze finite male, nel 1508 Lucrezia diede vita all’erede della casata d’Este, Ercole, ma venne a mancare poco dopo, a soli 35 anni.
La famiglia Malatesti
A cavallo tra il 1200 e il 1300 la storia della Rocca si lega indissolubilmente alla potente famiglia dei Malatesti, signori di Verucchio, quando una bolla papale, emanata da Bonifacio VIII, sanciva l’appartenenza di Gradara ai possedimenti della famiglia, che così espandeva il suo potere da Rimini verso l’ambito territorio della Marca.
Malatesta II da Verucchio (morto nel 1312), podestà di Rimini, fu un valoroso condottiero guelfo che riuscì ad allontanare dalla città le famiglie ghibelline, conquistando numerosi possedimenti. Il figlio primogenito, Malatestino, prese il posto del padre alla sua morte diventando signore di Rimini, mentre suo fratello Giovanni, detto Gianciotto (“lo sciancato”), divenne famoso per essere l’uccisore, nonché marito tradito di Francesca da Polenta, amata dal fratello Paolo Malatesti.
Se nella famiglia numerosi furono i capitani d’arme riconosciuti come valorosi condottieri, alla fama di colti signori segue anche una nomea oscura e sanguinaria; infatti la Rocca non fu solo il luogo dove venivano celebrate le arti ma anche un luogo in cui avvenivano nefasti intrighi come l’uccisione da parte di Malatesta, detto “il Guastafamiglia”, del cugino Malatestino con il figlio Guido e il padre Ferrantino.
Sigismondo Pandolfo Malatesti (Brescia, 19 giugno 1417 – Rimini, 9 ottobre 1468).
Sigismondo Pandolfo Malatesti è sicuramente la personalità più in vista della famiglia per la sua forte ed eclettica personalità, che seppe accrescere i possedimenti, il potere e la fama della stessa. Figlio di Pandolfo III e di Antonia di Giacomino dei Barignano, Sigismondo rimase orfano del padre molto presto, all’età di dieci anni; così il potere passò nelle mani dello zio Carlo che riuscì ad ottenere la legittimazione dei tre figli di Pandolfo, governando a loro nome.
Sigismondo Pandolfo Malatesti crebbe nella raffinata corte dello zio e in particolare della sua consorte Elisabetta Gonzaga, donna di estrema cultura ed eleganza, dalla quale apprese l’amore per le arti e per il mondo eletto delle corti.
Divenne signore di Rimini nel 1432, ma durante il suo governo dovette osteggiare numerose rappresaglie dal signore di Pesaro, suo fratello Galeazzo Malatesti, e da parte di Guidantonio di Montefeltro, duca di Urbino; ma fu soprattutto il successore di quest’ultimo, Federico di Montefeltro a rivelarsi il nemico per eccellenza, perché entrambi uomini di cultura, raffinati mecenati e valorosi condottieri.
Sigismondo era un uomo di grande fascino ed estremamente colto, che nella sua vita amò circondarsi di artisti e letterati, i quali lo celebrarono ed esaltarono in tutta la sua grandezza. Sposò prima Ginevra D’Este, poi Polissena Sforza e infine Isotta degli Atti, donna oltremodo amata, alla quale dedicò le opere d’arte più famose del Tempio Malatestiano di Rimini.
La Rocca di Gradara durante il periodo dei Malatesti fu anche il palcoscenico su cui si svolsero aspre battaglie: nel 1446 Francesco Sforza assediò il castello per quaranta giorni, ma non riuscendo ad accedervi si ritirò, a differenza di quanto accadde nel 1463, quando Federico di Montefeltro riuscì a penetrarvi con le sue truppe e la Rocca fu ceduta alla famiglia Sforza.
Dopo aver partecipato alla battaglia contro i Turchi, durante la quale Sigismondo Pandolfo Malastesti si ammalò, l’isolamento e il declino della famiglia erano ormai pressoché totali e, con l’inaridirsi del prestigio personale, Sigismondo morì nel 1468 a Rimini.
La famiglia Sforza
Pesaro fu governata dalla famiglia Sforza dal 1445 al 1512 con Alessandro, il figlio Costanzo e il nipote Giovanni, quest’ultimo figura chiave per Gradara in quanto visse nella Rocca per molti anni e apportò notevoli interventi architettonici.
Nel 1463 la Rocca venne espugnata da Federico di Montefeltro, il quale immediatamente affidò il territorio ad Alessandro Sforza, signore di Pesaro dal 1445, che in questo modo consolidava il dominio della famiglia sull’intera zona dell’Italia centrale, al confine tra le Marche e l’Emilia Romagna.
L’Italia centrale era pressoché interamente dominata dalla famiglia. Alessandro poteva contare sull’appoggio di suo fratello Francesco Sforza, signore di Milano, e su Urbino; alleanze rafforzatesi in seguito al matrimonio tra la colta e bella figlia Battista Sforza e il duca Federico di Montefeltro. Il sodalizio tra le corti di Milano, Urbino e Pesaro non fu un’unione solo politica ma anche intellettuale e culturale, che portò alla circolazione di opere d’arte di inestimabile valore e di artisti di assoluto rilievo sulla scena culturale dell’epoca.
Giovanni Sforza, conte di Cotignola
Giovanni Sforza, figlio di Costanzo I e nipote di Alessandro Sforza fu signore di Pesaro dal 1483 al 1512.
Una storia sfortunata la sua perché per governare si legò alla famiglia dei Borgia, sposando a Roma, con una celebrazione sfarzosa tenutasi il 12 giugno 1493, Lucrezia, figlia di papa Alessandro VI e sorella di Cesare Borgia.
Il matrimonio tra i due fu di breve durata; infatti venne annullato dopo soli quattro anni, nel 1497 a causa del mutamento della politica papale di Alessandro VI, il quale mirava ad un matrimonio più vantaggioso politicamente e ad un genero più valoroso.
Giovanni, caduto vittima di giochi di potere papali, venne allontanato dalla città di Pesaro per mano di Cesare Borgia, duca di Valentinois, potendo rientrarvi solo una volta morto il papa. Giovanni si risposò nel 1503 con Ginevra Tiepolo, dalla quale ebbe un figlio, Costanzo, che però morì in tenera età nel 1512, anno in cui la signoria pesarese passò ai Della Rovere.
Giovanni a Gradara diede un forte impulso d’innovazione artistica e soprattutto architettonica come attesta un’iscrizione sul ponte levatoio della Rocca in cui, oltre al committente, è citata la data di svolgimento dei lavori del 1494, interventi probabilmente realizzati per accogliere la novella sposa Lucrezia nella dimora immersa nel verde dei colli marchigiani.
Lucrezia Borgia (Subiaco, 18 aprile 1480 – Ferrara, 24 giugno 1519).
Lucrezia Borgia, una delle donne più controverse e famose della storia, è strettamente legata alla Rocca di Gradara grazie al matrimonio contratto con Giovanni Sforza, signore di Pesaro.
Lucrezia è la terzogenita del cardinale Rodrigo Borgia e di Vannozza Cattanei, una donna di estrema bellezza.
Rodrigo Borgia, nominato papa con il nome di Alessandro VI, durante il suo pontificato utilizzò i suoi figli come pedine di una strategia politica per ottenere il prestigio assoluto della famiglia, e in questi piani politici risultarono essere particolarmente preziosi Lucrezia e il fratello Cesare Borgia, duca di Valentinois.
Lucrezia viene descritta come una donna bellissima, dai lunghi capelli biondi, leggiadra nella danza, esperta di musica, dotata nel bel canto e abile nel ricamo. Era amante dei bei vestiti e dei gioielli preziosi, colta lettrice di classici e di letteratura, a sua volta celebrata nelle opere di importantissimi artisti dell’epoca come Pietro Bembo e Ludovico Ariosto.
A undici anni il padre stipulò per Lucrezia il suo primo contratto di nozze con il valenzano Cherubino Juan de Centelles, signore di Val d’Ayora ma il matrimonio venne subito annullato in favore del fidanzamento con il conte di Procida nel Regno di Napoli, Gaspare d’Aversa.
Una volta assunta la carica di papa, nel 1492, per ricambiare il cardinale Ascanio Sforza, che aveva contribuito in modo importante alla sua elezione, decise di far sposare Lucrezia con Giovanni Sforza, signore di Pesaro e conte di Cotignola. Già nel 1494 le mutate condizioni politiche dell’Italia spinsero il papa a modificare le alleanze e il matrimonio venne annullato.
Lucrezia morì a Ferrara nel 1519, non prima di aver contratto una nuova unione con Alfonso d’Este, inizialmente dubbioso sulle nozze a causa dei numerosi pettegolezzi sull’integrità morale della donna. Dopo tre gravidanze finite male, nel 1508 Lucrezia diede vita all’erede della casata d’Este, Ercole, ma venne a mancare poco dopo, a soli 35 anni.
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